«Das Leben der Erkenntnis ist das Leben, welches glücklich ist, der Not der Welt zum Trotz» (Ludwig Wittgenstein, Tagebucheintrag vom 13.8.16).


«E se qualcuno obietta che non val la pena di far tanta fatica, citerò Cioran (…): “Mentre veniva preparata la cicuta, Socrate stava imparando un’aria sul flauto. ‘A cosa ti servirà?’ gli fu chiesto. ‘A sapere quest’aria prima di morire’”» (Italo Calvino, chiusa di "Perché leggere i classici").


«Neque longiora mihi dari spatia vivendi volo, quam dum ero ad hanc quoque facultatem scribendi commentandique idoneus» (Aulo Gellio, "Noctes atticae", «Praefatio»).


giovedì 19 gennaio 2012

APOLOGIA DI SCHETTINO


Comandante 1: «Comandante 2, salga sopra e mi dica quante persone ci sono ancora a bordo, cazzo!»
Comandante 2: «Subito Comandante 1, agli ordini!»
Comandante 1: «Comandante 2, c'è una parte dell'ordine che non le è chiara?»
Comandante 2: «Nossignore, Comandante 1, tutto chiaro e cristallino!»
Comandante 1: «Bene, Comandante 2, esegua!»
Comandante 2: «Sono già sopra, Comandante 1!»
Comandante 1: «Ottimo, Comandante 2! Allora, mi dica, è già in grado di fare una stima del numero delle persone ancora a bordo?»
Comandante 2: «Sì, Comandante 1! Sono un centinaio di persone, Comandante 1!»
Comandante 1: «Magnifico, Comandante 2! Le ha contate lei di persona una ad una?»
Comandante 2: «No, Comandante 1! Però posso confermare il numero, Comandante 1!»
Comandante 1: «Mi può riferire il nome di chi le ha comunicato il numero, Comandante 2? È per il verbale».
Comandante 2: «Enrico Mentana, Comandante 1!»
Comandante 1: «Intende dire il Comandante in seconda Mentana Enrico, Comandante 2?»
Comandante 2: «No, Comandante 1, intendo dire il direttore del Tg La7, Comandante1!»
Comandante 1: «Lei mi sta dicendo che ha appreso il numero dei passeggeri ancora a bordo guardando la televisione, Comandante 2?»
Comandante 2: «Signorsì, Comandante 1!»
Comandante 1: «Scusi, Comandante 2, ma lei dove minchia è salito?»
Comandante 2: «A casa del tassista, Comandante 1! È stato gentilissimo, sa? Mi ha pure dato un cambio di calzini nuovi».





D'accordo, tutto quello che sappiamo della dinamica del naufragio della Costa Concordia e soprattutto l'ormai storica conversazione telefonica tra Schettino e il Comandante della Capitaneria di Porto di Livorno De Falco ci dicono che il Comandante della nave da crociera incarna perfettamente lo stereotipo dell'incompetente, dell'inadeguato, del maldestro, del codardo, del vigliacco, del pavido, dell'infame, insomma, dell'uomo di merda. In tal senso egli è il fantoccio perfetto per il ruolo del capro espiatorio che concentra su di sé tutte le qualità negative che strappiamo da noi stessi e proiettiamo su un altro per realizzare la catarsi collettiva e nascondere a noi stessi una cosa che ci turba e ci fa paura, e cioè il fatto che un pezzo, e forse più di un pezzo, di Schettino è in ciascuno di noi.
Tuttavia, non solo per mero esercizio retorico ma anche per riflettere sul nostro tempo e sui suoi valori, vorrei qui tentare l'impossibile, ovvero, se non proprio assolvere Schettino dalle sue colpe tecniche, dimostrare che egli era l'uomo giusto al posto giusto. Per proporre l'apologia antropologica di Schettino, operazione che può sembrare non meno sfacciata che temeraria,  dovrò ispirarmi come un umile novizio al Gorgia che struttura l'encomio logico di Elena, all'Eco che tesse l'elogio ideologico di Franti e al Saramago che assume la difesa teologica di Caino.
Una prima cosa da chiarire è la differenza essenziale tra una nave da crociera e gli altri tipi di grandi navi. Mentre le navi da guerra, le petroliere, le navi mercantili e le navi traghetto sono mezzi per il raggiungimento di fini altri (la vittoria in guerra, il trasporto di petrolio, merci, animali e uomini), una nave da crociera è un fine in sé, cioè un sistema autosufficiente che realizza scopi ludici intenzionalmente perseguiti oggi dagli uomini.
Siccome le prime hanno una funzione puramente strumentale, il loro governo richiede piloti capaci, fedeli e attenti il cui compito principale è quello di permettere a un mezzo tecnico di svolgere il suo compito, cioè di raggiungere lo scopo di fungere da strumento efficiente. Le navi da crociera, invece, in quanto luogo autoreferenziale di realizzazione di fini, richiedono, di nuovo per una sorta di selezione naturale, piloti che risultino perfettamente adattati all'ambiente in cui si trovano a vivere ed operare. La metafora biologica non sembri forzata: il sistema di fini generato dalle aspettative di chi fa una crociera crea un ambiente complesso che seleziona un capo con caratteristiche ben precise, tra le quali quelle richieste al comandante di una portaerei o di una petroliera (coraggio, sprezzo del pericolo, durezza, autorità, decisione, senso di responsabilità nei confronti del mezzo e del suo carico, ecc.) non sono necessariamente in primo piano. Cosa si fa su una nave da crociera? Su una nave da crociera si canta, si balla, si suona, si  va a teatro, si assiste a spettacoli e ad esibizioni di ogni tipo, si tromba, si rimorchia, si va in piscina, si va in palestra, si gioca a carte, si socializza, si ride, ci si rilassa, si mangia a sbafo, ci si esibisce, insomma, per dirla con la formula che racchiude tutto, ci si diverte, e tutto ciò crea una pressione selettiva tale che il comandante ideale, cioè perfettamente adattato all'ambiente, è il tipo Schettino: pilota bravino ma in compenso belloccio, con atteggiamenti da figo fatale, fricchettone, abbronzato per estetica e non per aver faticato al sole, giovanile, galante e po' un tamarro, amante delle belle donne e della bella vita (e non certo della bella morte), cioè esattamente quel che si aspetta che sia la media del gusto dei passeggeri di una nave da crociera.
Sia chiaro, questo non implica un giudizio di valore denigratorio nei confronti di questi ultimi. Quelli che amano andare in crociera hanno tutto il diritto di  farlo ed hanno tutto il diritto di veder soddisfatte le loro aspettative di divertimento. Dovrebbero però  avere contezza anche del fatto che, creando un ambiente di bisogni e di gusti in un luogo deputato ad assecondarli (e il quale per questo si pone, lo abbiamo visto, come sistema autonomo di fini), nello stesso momento creano il profilo antropologico di un comandante ideale perfettamente adatto al contesto, che è di tipo essenzialmente ludico ed edonistico. Questo implica che il comandante ideale, cioè il tipo Schettino, è uno che fondamentalmente ama la vita spensierata, il sesso, il denaro, le feste e le pubbliche relazioni, e a queste passioni subordina non solo le virtù eroiche e cavalleresche, come l'attitudine al comando, la generosità, l'altruismo e la disponibilità al sacrificio di sé, ma anche la competenza tecnica nell'arte della navigazione, dal momento che egli confida negli automatismi garantiti dalla tecnologia e dalle conoscenze diffuse nei collaboratori più stretti e nei sottoposti. Il sistema è in gran parte automatizzato e il comandante può andare quando vuole a condividere il divertimento offerto dalla nave con i suoi passeggeri. Si consideri, per contro, quanto sarebbe inviso ai passeggeri di una nave da crociera un comandante che rispondesse allo stereotipo dell'orso burbero, militaresco, esclusivamente dedito al comando della nave, asociale e ostile alla filosofia turistica della bella vita: lo considererebbero un estraneo e lo stigmatizzerebbero come inadatto al ruolo.
Se così stanno le cose, come ci si può sorprendere del comportamento di Schettino? Il comportamento di quest'uomo, se ci si pensa un attimo, risulta perfettamente coerente con il profilo della personalità creata dal sistema-crociera. O ci si vuole illudere che uno che  fondamentalmente è un capo-intrattenitore in un contenitore di divertimento (è questo che la volontà generale della nave pretende inconsciamente ma inesorabilmente che egli sia) sia disposto a mettere a repentaglio la propria vita per salvare quella degli altri? Si noti poi che su una nave da crociera il pericolo è preventivato in maniera puramente astratta e nessuno si sognerebbe mai di metterlo realmente in conto, altrimenti non potrebbe  mettervi piede: una nave da crociera, come detto, è un sistema di fini improntato per natura al divertimento e allo svago, e la prospettiva reale del naufragio è bandita dalla definizione della sua essenza e relegata per legge a componente meramente accessoria dell'arredamento sotto forma di oggetti e percorsi da usare in caso (puramente teorico) di emergenza.
Questo vuol dire che il tipo Schettino, nel momento in cui, per una leggerezza banale e balorda, è sbalzato fuori dal sogno della sua nave e va a schiantarsi contro la consistenza rocciosa della realtà, agisce in assoluta coerenza con la sua personalità, che in fondo è assai simile a quella dell'uomo civilizzato medio cresciuto in un mondo pacifico, edonista e opulento. La sua filosofia di vita è racchiusa in una massima tanto semplice quanto umana, fin troppo umana: meglio qualche anno in galera che morto.

5 commenti:

  1. Molto interessante e condivisibile la tua riflessione.

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  2. Geniale, Marco! Non si poteva dire e argomentare meglio.

    Ciao
    Annalisa

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  3. E infatti, la frase finale spiega tutto fin troppo bene e spiega anche l'atteggiamento tipicamente italiano... un disastro, insomma, una metafora dell'Italia tutta. :-(

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    1. Una metafora dell'industria del divertimento di massa, anche.

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