«Das Leben der Erkenntnis ist das Leben, welches glücklich ist, der Not der Welt zum Trotz» (Ludwig Wittgenstein, Tagebucheintrag vom 13.8.16).


«E se qualcuno obietta che non val la pena di far tanta fatica, citerò Cioran (…): “Mentre veniva preparata la cicuta, Socrate stava imparando un’aria sul flauto. ‘A cosa ti servirà?’ gli fu chiesto. ‘A sapere quest’aria prima di morire’”» (Italo Calvino, chiusa di "Perché leggere i classici").


«Neque longiora mihi dari spatia vivendi volo, quam dum ero ad hanc quoque facultatem scribendi commentandique idoneus» (Aulo Gellio, "Noctes atticae", «Praefatio»).


sabato 14 gennaio 2012

Nota sulle "Postille" alla nuova edizione de "Il nome della rosa"




Tra le modifiche apportate da Umberto Eco alla nuova edizione del Nome della rosa, uscita l'11 gennaio 2012 a quasi trentadue anni dalla prima (1980), ce n'è una particolarmente significativa che riguarda il testo delle "Postille" del 1983, che, pubblicate originariamente su Alfabeta, dal 1984 vengono stampate in coda al romanzo e ne costituiscono ormai parte integrante. Com'è noto, le "Postille" si aprono con alcuni chiarimenti relativi alla fonte del celeberrimo e misterioso esametro latino con cui si conclude il romanzo (stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus) ed Eco rivela che esso proviene dal De contemptu mundi di Bernardo Morliacense, un benedettino del XII secolo. Va da sé che i chiarimenti di Eco non hanno soddisfatto in pieno la curiosità di lettori e studiosi, al punto che della questione si è discusso anche in anni recentissimi, come ho mostrato ampiamente nel primo capitolo del mio Umberto Eco: odissea nella biblioteca di Babele (Il Prato 2011: cfr. pp. 50-55). Un punto particolarmente spinoso riguarda il fatto che nell’articolo Adso’s closing line in “The name of the rose” (uscito su American notes and queries, maggio-giugno 1986, pp. 151-152) Ronald Pepin notò che nel testo di Bernardo al posto di "rosa" si doveva leggere "Roma" e che la lezione "rosa" era il frutto di un errore filologico contenuto in una vecchia edizione del De contemptu mundi, la stessa che per esempio usava Huizinga ne L'autunno del Medioevo (1919), dall'undicesimo capitolo del quale, peraltro, il medievalista Eco aveva prelevato l'esametro (lo stesso Pepin nel 1991 ha pubblicato una nuova edizione critica del testo di Bernardo riportante come più pertinente la fino ad allora ignorata o sottovalutata variante "Roma" in alcuni manoscritti). Successivamente, per esempio a p. 118 de I limiti dell'interpretazione (Bompiani 1990), Eco ha discusso la questione rosa/Roma, riconoscendo naturalmente che all'epoca in cui lavorava al Nome della rosa non sapeva nulla della variante "Roma" e facendo anche delle osservazioni ironiche sulle possibili letture fasciste del romanzo se questo si fosse intitolato Il nome di Roma.
Ebbene, nelle "Postille" alla nuova edizione del romanzo, Eco cerca di chiudere la vicenda inserendo il seguente passo dopo il primo capoverso (p. 580):

Per i curiosi, i pignoli, i lippi e i tonsori, riconosco che dopo mi hanno segnalato un'altra versione che dice "Stat Roma pristina nomine", il che sarebbe molto più coerente con i versi che precedono:

Est ubi gloria nunc Babylonia, nunc ubi dirus
Nabuchodonosor et Darii vigor illeque Cyrus? ...
Nunc ubi Regulus aut ubi Romulus aut ubi Remus?
Stat Roma pristina nomine, nomina nuda tenemus.

Ma un amico latinista mi ha fatto osservare che la quantità della "o" di Roma è lunga, così che il dattilo iniziale dell'esametro non potrebbe funzionare (mentre tutto andrebbe a posto con rosa, la cui "o" è breve). Per cui, anche se Bernardo fosse stato un pasticcione, io avrei avuto il dovere di correggerlo. 

Per inciso, poiché, come detto, la questione è ampiamente trattata nel mio libro, Eco ha detto queste cose (con qualche dettaglio in più) anche nel corso della presentazione dello stesso che si è svolta a Milano il 17 dicembre scorso: si veda il seguente video, in particolare tra il minuto 5.00 e il minuto 6.17.





Tuttavia, è il caso di osservare che questa aggiunta alle "Postille" crea qualche problema di sfasamento temporale, perché Eco inserisce in un testo del 1983 un passo che presuppone informazioni di cui non può essere entrato in possesso prima del 1986. Se avesse inserito il passo sotto forma di nota a piè di pagina, non ci sarebbe stato alcun problema: è quel che accade per esempio a pagina 585, laddove Eco inserisce una nota (l'unica in tutte le "Postille" alla nuova edizione) nella quale, in relazione al testo, in cui si fa riferimento a un vecchio materiale raccolto sin dai primi anni Cinquanta, tra l'altro, "per una teoria dell'elenco", egli fa un riferimento a Vertigine della lista (Bompiani 2009) per dire quanto antico fosse il progetto di questo suo recente libro illustrato. Invece, inserendo nel corpo del testo delle "Postille" il passo riportato sopra, Eco è costretto a modificare anche la soglia delle stesse, per rendere meno stridente l'incongruenza temporale. E così, mentre  nelle edizioni precedenti del romanzo le "Postille" erano introdotte col titolo in testa alla pagina "Postille a Il nome della rosa 1983", accompagnato a fondo pagina dalla precisazione bibliografica in corpo minore "Il testo delle Postille a 'Il nome della rosa' è apparso su Alfabeta n. 49, giugno 1983", nella nuova edizione 2012 esse sono introdotte a p. 577 dal titolo POSTILLE A "IL NOME DELLA ROSA", seguito subito sotto dal sottotitolo tra parentesi "(La prima versione è stata pubblicata su Alfabeta, 49, giugno 1983)". 

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